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Dieci miliardi di surplus commerciale persi nel settore dei trasporti

2 dicembre 2016 - L'Italia butta alle ortiche per inefficienza del settore trasporti e logistica e per la dipendenza da operatori stranieri un quinto del surplus commerciale dell’industria. Dieci miliardi che sono regalati a trasportatori logistici stranieri che operano al servizio dell’economia italiana.

I recentissimi dati delle Nazioni Unite elaborati e presentati ieri a Roma da Federagenti sono emblematici: l’Italia regala gran parte del suo fatturato trasporti a operatori esteri. Nel 2005 esportava quasi 15 miliardi di Euro di servizi di trasporto e ne importava 21,5 miliardi. Nel 2015 le esportazioni e quindi la capacità degli operatori italiani di penetrare altri mercati è calata a 14,5 miliardi mentre le importazioni sono balzate a 24,3 miliardi.

La forbice è, per l’appunto, di quasi 10 miliardi. L’Olanda, paese leader nella logistica, ha una bilancia commerciale dei trasporti attiva per 15 miliardi. La Germania paga un prezzo analogo al nostro con un squilibrio di 10 miliardi nella bilancia-trasporti ma in un quadro totalmente differente che vede la logistica generare almeno quattro volte il numero di posti di lavoro dell’Italia.

E le cose rischiano di peggiorare rapidamente in un mercato dei trasporti container attraversato da fenomeni dirompenti; a fronte di una stasi del commercio mondiale via mare (+2,1% nel 2015 rispetto all’anno precedente) le grandi aggregazioni e concentrazioni stanno rivelando il loro reale significato: in molti casi dietro a esse si celano decisioni dirigistiche di governi che cambiano radicalmente gli assetti concorrenziali del mercato.

Il presidente di Federagenti, Gian Enzo Duci ha quindi ricordato, nei trasporti terrestri, il caso della Svizzera e di Alptransit (la rivoluzione del ferro in Europa), ma ancor di più (proprio per i trasporti marittimi) quello della Cina che con la strategia One belt One road, e con gli investimenti strategici punta a rafforzare quel 9,6 del Pil (970 miliardi di dollari) che è già generato dal solo settore marittimo e portuale. Casi che chiamano l’Italia a una riflessione profonda e strategica sul suo futuro.

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