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Non sono solo gli addetti ai lavori ad avere imparato presto a riconoscere i locomotori in livrea rosa di Oceanogate Italia alla testa di lunghi convogli intermodali. Operativa dalla fine del 2011 è oggi una realtà che dà lavoro ad oltre 70 persone e che nel 2013 ha prodotto oltre 1,1 milioni di treni/km. Con base a Melzo, è oggi totalmente controllata da Contship Italia e completa l'offerta dei servizi del Gruppo nei settori della gestione dei terminal marittimi, del trasporto intermodale e della logistica. “L'azionista della nostra società è tedesco e per tutto il Gruppo il core business è la gestione dei terminal marittimi - spiega l'Ad di Contship-Oceanogate Italia Giancarlo Laguzzi - siamo presenti ad Amburgo, Bremerhaven, Wilhelmshaven, in Germania, Lisbona, Tangeri e Ust-Luga in Russia mentre in Italia gestiamo La Spezia, Ravenna, Cagliari, Salerno e Gioia Tauro. In Germania e in generale nel Nord Europa, l'intermodalità è assolutamente la norma e serviamo i nostri terminal portuali con due imprese ferroviarie. In Italia abbiamo deciso di fare la stessa cosa, visto che a un certo punto il servizio offerto da Trenitalia era di qualità inaccettabile. Siamo nati essenzialmente per servire i nostri terminal ma i treni oramai operano anche su altri porti. Le direttrici che copriamo, come impresa ferroviaria, comprendono i porti di La Spezia, Genova e Livorno sul Tirreno e Ravenna sull'Adriatico, che sono collegati con gli inland terminal di Melzo, nostro hub anche per i collegamenti internazionali verso il Nord Europa, di Rho, Rivalta Scrivia, Dinazzano, Bologna e Padova. Offriamo un servizio door to door compreso di dogana, ma se il cliente vuole può usufruire solo di una parte del trasporto e far da sé per il resto. Garantiamo l’intera filiera e questo è molto importante. Siamo gli unici a farlo”. Oceanogate conta oggi su una flotta che comprende 6 locomotive Bombardier E483 monotensione per il servizio solo in Italia, 2 locomotive Siemens E189 politensione per i servizi internazionali e ben 370 carri portacontainer. Ovviamente il servizio complessivo è affidato anche ai camion, naturalmente rosa, che affiancano l'offerta ferroviaria. “I tempi di resa del ferroviario devono essere paragonabili al tutto strada così come la fattibilità. Facciamo servizi giornalieri, per cui il nostro treno è una via di mezzo tra un merci e un treno “pendolare”, anzi lo potremmo definire un convoglio pendolare per le merci, e viaggiamo di notte. Prendiamo ad esempio lo Spezia - Melzo. Parte alla sera da La Spezia arriva al mattino a Melzo: si terminalizza, alle 8 il camion carica il container e lo porta in stabilimento, carica un altro container, lo porta al terminal di Melzo, alla sera il contenitore è sul treno che torna a La Spezia per l’imbarco. Quindi il tempo di consegna è uguale al camion che parte il pomeriggio prima”. Interessante anche la logica con la quale Contship Italia decide se inoltrare il container via ferrovia o via strada: “Prima riempiamo il treno che è quello che costa di più e ha i costi fissi maggiori - spiega Laguzzi - poi usiamo i camion rosa di nostra proprietà e, per ultimi, i terzisti quando è necessario”. E non è detto che, alla fine sia sempre vero che il camion costa meno della ferrovia. “Dove i flussi ci permettono di riempire il treno al 90% ci costa addirittura un po’ meno del camion. Ma su altre relazioni non c’è proprio possibilità. Non c’è una regola fissa – ragiona Laguzzi - Non è facile creare una relazione che deve circolare sostanzialmente ogni giorno, o non meno di tre quattro volte alla settimana. Con frequenze minori non c’è convenienza. Il problema maggiore è che il treno ha dei costi fissi che il camion non ha, e di conseguenza è molto meno flessibile”. I veri problemi che frenano l'intermodalità sono altri e si chiamano infrastruttura e in parte costo delle manovre nei porti. La rete è piena di colli di bottiglia, e i tanto auspicati terminal con i binari a modulo europeo da 750 metri si contano sulle dita di una mano. Oceanogate si è trovata a operare in un “ambiente” compresso dove le rigidità, anche normative e i costi di ingresso per le nuove realtà imprenditoriali, rendono difficile consolidarsi e crescere. Laguzzi però fa dei distinguo: “Si non è facile creare una nuova impresa ferroviaria in Italia. E la lunghezza dei binari è uno dei problemi, è vero. Però la realtà è più complessa. Noi a Melzo stiamo raddoppiando il terminal. Il primo binario con modulo da 750 metri è già pronto. Ma anche se noi siamo già pronti speriamo di vedere arrivare un primo treno da 600-650 metri solo quando apriranno il Tunnel del Gottardo, quindi alla fine del 2016, sperando che RFI faccia nel frattempo quello che ha promesso, cioè allungare i propri binari. Perché finché i moduli dei binari anche delle stazioni intermedie non saranno adeguati, RFI non autorizza la circolazione di treni lunghi più di 550 metri non potendo riceverli per assicurare precedenze e incroci. I lavori su alcune relazioni principali sono stati avviati, vedremo. Un altro limite, anche se minore è la massa rimorchiabile che non può superare le 1600 ton, mentre l'ideale sarebbero 2000. E' meno vincolante perché oggi i container trasportano merce pregiata ma mediamente abbastanza leggera. Il limite di 1600 ton che rimarrà anche in futuro, quindi, non ci impedirà di comporre convogli da 700 metri di lunghezza”. Un altro tema su cui si discute molto è quello del costo delle manovre nei porti. Secondo l'Ad di Oceanogate, invece questo aspetto non è così cruciale, anche se sicuramente il costo deve essere abbassato: “Noi a La Spezia facciamo il 35% di split con il treno, siamo a livelli europei: la manovra costa la metà che a Genova e a Trieste. La fa Serfer nel contesto di una società che ha attivato l’Autorità Portuale. Se lavora bene continueranno loro, altrimenti la farà un altro. Adesso per questi servizi sono previste le gare. L’obiettivo del porto è che sia fatta bene, non importa chi la fa. Se però pensiamo che il primo problema sia il costo delle manovre nel porto, non è così. E’ un elemento che da fastidio, certo, ma non è un elemento che determina il successo o l’insuccesso dell’iniziativa. Quello lo determina l’efficacia della filiera complessiva. Il costo di un container dal porto di sbarco allo stabilimento di destinazione è per il 50% costo della terminalizzazione stradale finale e della movimentazione nel terminal terrestre. Quando un container arriva a Melzo o a Padova il costo gru del terminal, ma soprattutto il costo del camion per la consegna finale pesa per il 50% sul costo totale del trasporto. Se io riesco a organizzare un sistema in cui vado in un terminal il più vicino possibile al punto di consegna finale, e il camion può fare due corse al giorno invece di una, questo risparmio incide molto di più del costo del porto, che esiste per carità, ma è spalmato su un numero di container molto maggiore. Bisogna ragionare sul costo complessivo di tutta la filiera altrimenti si perde la visione complessiva. I 750 metri incidono già in maniera maggiore ma è anche vero che costringono a saturare il treno molto più di oggi, perché i costi fissi sono più alti”. Oceanogate opera molto con i porti dell'alto Tirreno, Genova, La Spezia, Livorno. Il tema quindi dell'efficienza delle linee ferroviarie che permettono di raggiungere la Val Padana è cruciale. Sulla Pontremolese RFI ha avviato da tempo lavori di potenziamento, ma ancora oggi i problemi rimangono, mentre è partita da poco la realizzazione del cosiddetto “Terzo Valico” che dovrebbe sbottigliare il nodo di Genova con una linea Alta Velocità/ Alta Capacità. Su questo argomento l'Ad di Oceanogate esprime qualche riserva. “Secondo noi un Terzo Valico che non è progettato in modo integrato con il porto e con l'area di Milano ma finisce a Tortona e con un pedaggio che non sappiamo quanto sarà, rischia di non risolvere il problema ed essere, almeno per noi inutile. RFI fa gli investimenti senza sapere prima quanti saranno i treni che lo utilizzeranno e quindi faccio fatica a capire come determineranno il costo delle tracce… Però se mi immagino di pagare anche un euro in più rispetto alla linea tradizionale, certo non gli 8 euro dei treni paseggeri AV, lì non ci andremo mai, perché i costi incrementali che ci accolleremmo senza avere benefici sarebbero troppo alti. Per un treno merci risparmiare 15 o 30 minuti sui tempi di percorrenza non ha nessun significato. Se si pensasse una linea AV/AC e dove il mondo delle merci può viaggiare in una determinata fascia oraria e con un costo del pedaggio mirato, allora potrebbe diventare interessante. Questo è un ragionamento che si potrebbe estendere ad altre linee di valico o su altre relazioni: se su queste tratte ci sono tracce disponibili, allora lì i camion pagano di più la tratta autostradale perché c’è una alternativa”. Nonostante tutte le difficoltà Oceanogate guarda al futuro con ottimismo. “Il 2015 sarà un anno di transizione - conclude Laguzzi - a giugno il raddoppio del nostro terminal di Melzo sarà completato. La nostra filosofia è quella di fare pochi annunci e di lavorare sui fatti. Quindi intanto completiamo questi investimenti e il prossimo anno penseremo ai progetti futuri. Conthsip ha investito sul potenziamento anche di La Spezia e Ravenna. Immaginiamo quindi di aumentare in futuro la frequenza delle relazioni che già operiamo. E' una crescita fatta con i piedi per terra perché non ci sono marginalità tali da poter fare investimenti azzardati”.
 Franco Tanel

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