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“Per essere amici non è necessario avere la stessa concezione del diritto e della Costituzione, ma non è un atto di amicizia occultare il proprio dissenso…” Francesco Viola “Politica e diritto nella Costituzione” in “Ragion Pratica” 3, 1995. 
 “Se il governo abusa dello strumento dei Commissari, annulla l’autonomia che la legge attribuisce agli Enti: centralismo ed arbitrio, mali unanimemente deplorati, avanzano, si consolidano, si estendono. E’ ben noto come il governo abusi dell’istrumento e come, attraverso le gestioni commissariali gli organi centrali vengano ad esercitare poteri non spettanti, ed a relegare in soffitta lo stato di diritto. […] Si può misurare da questa situazione in quale stato di logoramento e di fragilità siano le colonne del nostro ordinamento giuridico. L’arbitrio è debolezza, soprattutto quando l’arbitrio non corrisponde ai principi ufficiali dello Stato .” 
Queste riflessioni di Mario Boneschi , costituiscono l’incipit di un mio precedente intervento sulle pagine di questa Rivista , nel quale veniva fatta una disamina della giurisprudenza costituzionale ed amministrativa riguardante la nomina dei commissari delle autorità portuali, che sanciva l’illegittimità della nomina commissariale in assenza di avvio ovvero di prosecuzione delle procedure per la nomina del presidente . Orbene è di pochi giorni la notizia che dopo l’ennesima scadenza del mandato del terzo commissario dell’Autorità Portuale di Napoli, sia stato nominato dal Ministro il quarto Commissario straordinario dell’Autorità Portuale di Napoli. Pur apprezzandosi la correttezza istituzionale manifestata dal Ministro nello scegliere, per tale delicato incarico, il Comandante del Porto e pur condividendosi senza riserva alcuna la bontà di tale scelta, per la riconosciuta competenza e della provata conoscenza che l’Ammiraglio Basile ha della struttura portuale, del cluster marittimo e dei gravi problemi che affliggono il Porto di Napoli, non si possono non nutrire serie preoccupazioni per gli scenari che a breve si potrebbero delineare. La nomina del nuovo Commissario è stata decretata senza che il Ministro abbia emanato un nuovo provvedimento negativo di nomina del Senatore Villari a Presidente dell’Autorità Portuale del Porto di Napoli ed avviare una nuova procedura di nomina e ciò nonostante il Tar Campania, sede di Napoli, con sentenza n. 476, depositata in data 28 gennaio 2015, (non appellata) pronunciandosi sul ricorso avverso il provvedimento con il quale il Ministro denegava la nomina a Presidente del candidato designato si sia così espresso:
“[…]Pertanto, in accoglimento del ricorso, devono essere annullati il provvedimento negativo impugnato e il conseguente atto di avvio di un nuovo procedimento di nomina, affetto da illegittimità derivata, essendo stato adottato sulla base di un provvedimento negativo di cui è stata accertata la illegittimità. […]Residua, infatti, uno spazio di discrezionalità nell’azione amministrativa che impedisce l’accoglimento della domanda di condanna a un’attività amministrativa specifica, in quanto l’amministrazione potrà decidere ancora se nominare o meno il ricorrente alla carica richiesta. Per l’effetto conformativo della presente decisione, peraltro, deve ritenersi che l’amministrazione procedente potrà discostarsi dell’intesa a suo tempo raggiunta con la Regione solo in presenza di ragioni forti, evidenziate da una convincente motivazione.[…]”
 Nel caso in esame la sentenza ha quindi prodotto i seguenti effetti: a) annullamento del provvedimento di diniego della nomina a Presidente del senatore Villari; b) annullamento dell’atto di avvio del nuovo procedimento di nomina; c) obbligo dell’amministrazione di conformarsi alla decisione o emanando il provvedimento finale di nomina o un provvedimento di diniego che consenta all’amministrazione procedente di discostarsi dall’intesa a suo tempo raggiunta con la Regione solo in presenza di ragioni forti, evidenziate da una convincente motivazione.

Nel nostro sistema, la sentenza amministrativa solitamente non esaurisce la vicenda tra le parti (come nel caso in esame) che continua nell'esercizio dell'ulteriore attività amministrativa, resa necessaria per soddisfare l'interesse sostanziale del ricorrente vittorioso. Il principio di effettività della tutela giurisdizionale e l’imprescindibile esigenza di credibilità collegata al suo esercizio richiedono comunque che l’autorità amministrativa si attenga alla sostanza della decisione del giudice ogniqualvolta il nuovo esercizio del potere si innesti in una vicenda procedimentale in relazione alla quale il giudice si sia già espresso. Al fine di soddisfare l’esigenza che la parte soccombente si conformi alla decisione del giudice, di modo che la pronuncia dell’autorità giurisdizionale non resti una vuota statuizione, nel nostro ordinamento è previsto il giudizio di ottemperanza, e cioè il giudizio preordinato ad ottenere dal giudice amministrativo l'esecuzione o l'attuazione - di una sentenza passata in giudicato; preordinato cioè ad ottenere dal giudice amministrativo quelle modificazioni della realtà che la sentenza non abbia operato direttamente, ma abbia rimesso alla successiva azione dell'Amministrazione, e che l'Amministrazione per una qualsiasi ragione non abbia poi effettuato. Anche perché la giurisdizione amministrativa senza giudizio d'ottemperanza rischierebbe di risultare un'arma caricata a salve, una grida manzoniana. Il presupposto per il giudizio è in sintesi l’inottemperanza, che inizialmente connessa all’inesecuzione integrale, gradualmente ha ricompreso anche l’adempimento parziale e l’atto macroscopicamente elusivoe quindi non solo in caso di inerzia totale o parziale, ma anche nell’ipotesi di atti in violazione o elusivi del giudicato. L’elusione configura un fenomeno diverso dall’aperta violazione del decisum, sussistendo in quei casi in cui l’amministrazione, pur formalmente provvedendo a dare esecuzione ai precetti rivenienti dal giudicato, tenda in realtà a perseguire l’obiettivo di aggirarli sul piano sostanziale, in modo da pervenire surrettiziamente al medesimo esito già ritenuto illegittimo.

Per cui, viene a riesercitare la propria potestà discrezionale in conclamato contrasto con il contenuto precettivo del giudicato amministrativo, cercando di realizzare il medesimo risultato con un’azione connotata da un manifesto sviamento di potere, mediante l’esercizio di una potestà pubblica formalmente diversa in palese carenza dei presupposti che la giustificano. Da quanto precedentemente illustrato pare indubbio che il recente provvedimento di nomina commissariale da parte del Ministro assuma i caratteri di un provvedimento elusivo e pertanto non è peregrino ipotizzare altri strascichi giudiziari per la nomina del Presidente dell’Autorità portuale di Napoli, con conseguenti ulteriori danni economici per la Città ed il Porto. In uno Stato di diritto non si possono considerare le norme giuridiche funzionali o strumentali alle prove muscolari di maggior forza politica, ignorandole od invocandole a seconda delle proprie esigenze.

Se così fosse si tornerebbe alle monarchie assolute di una volta, allorquando era escluso in modo esplicito nell’applicazione del diritto, il principio della separazione tra politica e diritto: la produzione delle leggi, la loro attuazione e l'amministrazione della giustizia erano concentrate in un unico potere. Il sovrano era legittimato a dare un'interpretazione autentica delle leggi da lui emanate, con effetti vincolanti sulla loro applicazione, e soprattutto poteva avocare a sé qualsiasi atto giurisdizionale e adottare egli stesso, nelle singole fattispecie, decisioni fondate su una propria interpretazione delle norme.

 La strumentalizzazione politica estesa all’applicazione del diritto riduce fortemente la capacità del diritto di creare fiducia e sicurezza nei comportamenti sociali. Non potendosi prevedere se lo Stato osserverà e farà osservare il diritto vigente, l'individuo non è più in grado di programmare con sufficiente sicurezza le proprie scelte, e sente come arbitrario un potere statale che non applica le norme giuridiche in modo uniforme e imparziale. In conclusione, piacciano o meno le scelte finora effettuate ed i percorsi amministrativi intrapresi, se conformi alla legge, devono trovare la loro naturale conclusione, viceversa non si può che aggravare lo stato di confusione e di stagnazione in cui si versa.

Avv. Aniello Cuomo

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