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Rammendare l'esistente: la frase di Renzo Piano presa in prestito dalla presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani come parola d'ordine per il futuro delle infrastrutture logistiche e trasportistiche della regione, fotografa bene la realtà.

L'ambizioso progetto di Porto-Regione di cui si discute a livello politico e imprenditoriale si scontra con una sostanziale incapacità di mettere a sistema le numerose infrastrutture già attive sul territorio: non uno ma ben tre porti, quattro piattaforme logistiche e ben sei zone industriali raccordate alla rete ferroviaria, non riescono a offrire alle imprese locali e ai gruppi nazionali e internazionali della logistica e del trasporto quella qualità di servizi e opportunità che farebbero scegliere questa Regione come un piattaforma naturale per i traffici.


Non servono quindi nuove infrastrutture, ma azioni diverse, è il messaggio lanciato dalla presidente Serracchiani ai numerosi partecipanti al convegno “Il Cargo ferroviario in Friuli Venezia Giulia” che si è svolto a Udine lo scorso 16 marzo. Un appuntamento, oramai con cadenza annuale, è organizzato dall'impresa ferroviaria privata InRail, dalla Ferrovia Udine-Cividale controllata invece dalla Regione e dall'operatore logistico Inter-rail. Tre soggetti che, nei rispettivi e diversi ruoli, da anni stanno lavorando per un rilancio del cargo ferroviario e che questo anno hanno commissionato all'architetto Paolo Sartor, esperto di logistica e trasporto merci lo studio “Focus Trasporto Ferroviario in FVG”.


 Proprio partendo dalle considerazioni dello studio e dalle proposte in esso contenute, oltre che dalla “provocazione” della presidente Serracchiani, il confronto tra i partecipanti al dibattito è stato tutt'altro che scontato. Hanno partecipato Tullio Bratta AD di Inter-rail, Guido Porta, AD di InRail, Maurizio Ionico AD di FUC, Fabrizio Zerbini Presidente di TMT e AD di TO Delta Group, Giorgio Pinto AD Officine Tecnosider, Zeno D'Agostino, Commissario Autorità Portuale di Trieste, Mirta Fior, direttore logistica Acciaierie Bertoli Safau, Bruno Mossa SNACI Spa, Andrea Cleani 3B Spa, oltre a Matteo Tonon, presidente di Confindustria Udine e all'assessore alle infrastrutture e mobilità della Regione FVG, Mariagrazia Santoro.



Lo studio La Regione nel campo logistico ha sicuramente alcuni punti di forza: dicevamo dei 3 porti, dell'Interporto di Cervignano e delle altre 3 piattaforme logistiche, ma anche la “fortuna” di essere all'incrocio di 3 corridoi paneuropei. Altrettanto evidenti sono però i punti di debolezza: assenza di operatori logistici strutturati e capaci di offrire alle imprese servizi door to door integrati e che siano presenti anche all'estero nei punti di origine/destinazione dei trasporti, scarsa integrazione tra nodi logistici e ferrovia, una politica nel settore cargo del Gruppo FSI, che sembra voler abbandonare molte attività e relazione sul fronte dei servizi, e che invece sul fronte dell'infrastruttura spesso tende a chiudere scali e raccordi. In più pesano la presenza di numerosi colli di bottiglia e difficoltà di integrazione tra i diversi soggetti interessati alla catena logistica e del trasporto.

Ma sarebbe ingeneroso e anche sbagliato, pensare che tutti i problemi del cargo ferroviario derivino dalle azioni di RFI e Trenitalia perché come vedremo molto dipende anche dagli indirizzi di coordinamento che sono in capo alla Regione, dalle scelte dei gestori di porti, piattaforme logistiche e consorzi industriali, fino agli impegni delle singole imprese.

 Le proposte Il report avanza una serie di proposte per promuovere la crescita e lo sviluppo del cargo ferroviario. In primis è necessaria una definizione dei ruoli e della aree di intervento tra tutte le imprese ferroviarie sul territorio partendo da FUC e InRail e coinvolgendo anche Trenitalia Cargo: questo vuol dire in concreto lo studio di treni merci internazionali da e per Austria, Germania e Slovenia, ma anche, con RFI la revisione e ottimizzazione degli orari di apertura degli scali che permetta a tutti un migliore uso della rete, dei locomotori e del personale.

Ancora è necessario risolvere il problema della manovra della sua organizzazione e costo, non solo nel porto di Trieste (dove pesa con 2300 euro a convoglio, contro i 750 pagati a Capodistria o gli 850 del Porto di La Spezia). Rammendare l'esistente, vuol dire anche, suggerisce lo studio, portare le linee interessate al trasporto merci in classe D4 cioè in grado di accogliere carri con una massa di 22,5 ton per asse, ottimizzare la consegna dei carri ferroviari negli scali, e nei raccordi privati e pubblici con la possibilità di noleggiare a costi ragionevoli locomotori da manovra e trazione, oltre ai carri che possano operare anche sulla rete regionale.

 Sul fronte commerciale si suggerisce di analizzare e ripianificare la gestione delle merci perse con l'abbandono del traffico ferroviario diffuso. Una modalità che se gestita in modo moderno può essere proposta con successo come dimostra l'esperienza ad esempio di DB Schenker Rail Italia che, nel nostro paese, ricava l'80% del proprio fatturato proprio con questa offerta. Servono piattaforme di consolidamento dalle quali gestire gli ultimi 50 km con la modalità stradale.

Ma queste ad esempio in Friuli Venezia Giulia non mancano. Quello che serve sono da un lato soggetti in grado di proporsi come aggregatori e organizzatori di traffici – e ad esempio Nest, nato come rete di imprese è uno di questi - ma anche imprese manifatturiere che siano in grado di impegnarsi in una logistica più moderna, abbandonando un atteggiamento purtroppo frequente, quello di chi guarda solo alla tariffa più bassa e chiede agli altri di risolvergli tutti i problemi anche sui fronti infrastrutturali, senza impegnarsi in progetti comuni.

 La Regione dal canto suo non può sostituirsi alle imprese sul mercato, ma deve dare attuazione alle misure individuate nel Piano regionale delle infrastrutture di trasporto, della mobilità merci e della logistica, stoppando anche i campanilismi che ancora attraversano la Regione. Bisogna valorizzare le infrastrutture esistenti, non in funzione delle ambizioni locali ma delle reali capacità e possibilità che ognuna ha sul territorio. Anche così, eliminando i vincoli economici e normativi (pensiamo ad esempio allo storico problema di inefficienza della nostre dogane) è possibile convincere i grandi MTO internazionali a puntare sul Friuli Venezia Giulia.

 La situazione attuale Un esempio è l'Interporto di Cervignano, da troppo tempo in deficit non solo economico ma anche di idee. Non ha alcun senso in questo momento riproporre questa infrastruttura come retroporto di Trieste e immaginare di riattivare una navetta per i container. Chi pagherebbe un simile servizio, del quale tra l'altro non c'è oggi necessità? Piuttosto è interessante analizzare che cosa sono davvero i 2300 carri movimentati nel 2013 (ultimo dato oggi disponibile): si tratta di traffici terrestri, come legnami, birra e altri prodotti che passano dalla gomma al treno, ed è su questa intermodalità, visti anche gli ampi spazi disponibili che bisognerebbe puntare.

 Altrettanto interessanti sono i dati relativi ai traffici generati dalle zone industriali raccordate. Parliamo qui di carri tradizionali, non di container o casse mobili. Bene, solo il CIPAF di Osoppo nel 2013 ha generato un traffico di 27.411 carri, la ZIU di Udine 16.710, la somma complessiva delle sei ZI raccordate ci restituisce la bella cifra di 53.080 carri. Un terzo di tutto il traffico regionale del 2013: perché se è vero che il porto di Trieste aumenta il numero di container in transito (nel 2014 hanno superato quota 500 mila) quelli che movimentati via ferrovia sono appena 34.000 (dato 2013).

E' del tutto evidente che si tratta di una percentuale assolutamente insoddisfacente. Costo e complessità delle manovre, binari non a modulo europeo tonnellaggio limitato per ogni convoglio, sono certamente concause. Per completezza bisogna ricordare, a favore della modalità ferroviaria, i servizi RO-LA e di semirimorchi che dal Porto di Trieste vanno verso Austria e centro Europa. Tra accompagnato e non accompagnato sono nel 2013 35.161 carri.

Si tratta di un servizio utilizzato soprattutto dagli autotrasportatori turchi: da settembre del 2013 tra l'altro è possibile caricare sui carri a tasca standard anche i semirimorchi non gruabili, grazie a un innovativo sistema battezzato ISU e sviluppato da Rail Cargo Austria.
 Franco Tanel

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